Sabato 2 e domenica 3 sarà il prestigioso balletto dell’Opera di Varna a rappresentare Carmen e Cinderella su musiche di Georges Bizet e Sergej Prokofiev. Inizia la rassegna di presentazione dei libri con alle ore 18, nel Cortile d’Arme del Palazzo ducale con la presentazione del libro “Roma criminale” del giornalista Giuseppe Scarpa e a seguire un altro libro “Scellerate – storie di donne e scintille nei paesaggi d’Abruzzo” di Antonella Finucci.
Sabato 2 agosto e domenica 3 agosto alle ore 21,15, continua col balletto laXLI edizione del Festival Internazionale di Mezza Estate, manifestazione che nel tempo è divenuta icona di cultura, mutazione, visione, espressione, affermazione. A Tagliacozzo ritorna il Varna Opera Ballet della Daniela Dimova tra gli appuntamenti di questo cartellone composito e iridescente, capace di spaziare dalla musica, al balletto, sino al teatro, firmato dal Direttore Artistico, Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, unitamente al Direttore generale Luca Ciccimarra. Un festival riconosciuto da un ampio cartello di istituzioni, quali il Ministero della cultura, la Regione Abruzzo, il Comune di Tagliacozzo, guidato dal suo Sindaco Vincenzo Giovagnorio che vuol così accogliere il pubblico ospite, nonché la Banca del Fucino che ha creduto nel Festival dal primo momento.
Doppia celebrazione il 2 agosto: il 150° anniversario della morte di Georges Bizet, e Carmen, che pure compie 150 anni, e che vedremo in forma di Balletto, con la compagnia del Varna State Opera Ballet, è un essere in fuga, è l’espressione compiuta e dolente dei sentimenti, delle passioni, delle lacerazioni, del disagio di vivere che agitano l’animo umano e che fanno di Carmen un mito tanto moderno, tanto vicino, attraverso le coreografie di Sergei Bobrov. “Uno straordinario baccano da circo”: così definiva Nietzsche l’inizio del preludio al primo atto di “Carmen” – il cosiddetto tema della corrida, col suo irrompere, creato dal nulla, in un fortissimo capace di intimare perentoriamente all’ascoltatore, ancora titubante, che non può più permettersi, cominciato il rito, di volgere altrove la propria attenzione. Senza soluzione di continuità, segue il tema di Escamillo – quello dei couplets del secondo atto – col contrasto così sorprendente tra il legato degli strumenti a corda e lo staccato degli ottoni, prima che il tema sia riproposto da tutta l’orchestra. L’atmosfera eccitata, clamorosa della festa si è appena instaurata nel preludio, quando fa la sua apparizione il terzo tema: il Destino di Carmen, la morte…., che arriva alle orecchie dell’ascoltatore dominato dai violoncelli, con la loro espressione di disperazione e di fatalità ineluttabile, contro la quale è inutile ogni tentativo di resistenza. Questo epigramma sulla passione è, del resto, il tema fondamentale dell’opera; quello a cui Bizet dedica un trattamento particolare: è l’unico, infatti a subire delle trasformazioni quando ricompare nel corso della vicenda, ad essere trattato cioè come un vero e proprio leit-motiv di tipo wagneriano, affidato all’orchestra. Il contrasto, nel preludio, tra i primi due temi e quello “del destino” si pone quindi, dall’inizio dell’opera, a segnare il doppio percorso sul quale si muoverà il lavoro: l’atmosfera brillante e la tragicità incombente. Il prodigio “Carmen” inizia così. Bizet con un balzo folgorante e vertiginoso riesce a portarsi nel cuore delle cose, delle persone, delle situazioni, scrutandole fin nel profondo, forte di una percezione acuta fino allo spasimo, partecipe fino alla sofferenza. E’ questa illusione che si può svolgere in opera lirica, in balletto, in teatro, come su di una piazza. L’immaginario è quel cerchio, simbolo polisemico: l’arena della corrida ove si svolge un rituale della morte e dell’amore, un rituale pieno di regole, di usanze, di convenzioni, in cui la circolarità dello spazio, come nella tragedia greca, aiutava il pubblico e il coro a vivere insieme le passioni dei loro eroi. Ognuno può essere lo spettatore ed ognuno può diventare il fulcro della storia nel momento in cui il destino lo decide. Se Carmen è sensualità è ritmo primordiale, racchiuso nel ritmo dell’habanera, i personaggi sono degli archetipi: Micaela, è la coscienza borghese dell’epoca, attaccata ai valori tradizionali, alla famiglia, alla casa, Don Josè vede sostanzialmente mantenuta integra la sua parabola discendente da brav’uomo ad assassino, sino alla morte di una parte di se stesso, nell’uccisione di Carmen, attraverso cui ri-nascerà affidandosi di nuovo alla Legge, mentre Escamillo è il simbolo della forza fisica, della sfida infinita con la morte, del Super Uomo. Nella consonanza con la sua eroina risiede forse la risposta all’enigma Carmen, un unicum nell’intera storia dell’opera. Il male non esiste, suggerisce Bizet, pervenuto per vie misteriose e insondabili a una sorta di momento epifanico: c’è solo l’infelicità. Carmen è un essere in fuga, è l’espressione compiuta e dolente dei sentimenti, delle passioni, delle lacerazioni, del disagio di vivere che agitano l’animo umano e che fanno di Carmen un mito tanto moderno, tanto vicino.
Si inizierà anche con la rassegna dedicata alla presentazione dei libri, sabato 2, alle ore 18, nel Cortile d’Arme del Palazzo ducale con la presentazione del libro “Roma criminale” del giornalista Giuseppe Scarpa e a seguire un altro libro “Scellerate – storie di donne e scintille nei paesaggi d’Abruzzo” di Antonella Finucci. Il 3 agosto, alle ore 18, verrà vissuto il vernissage di Contemporanea 25 nella splendida cornice del Cortile d’arme del Palazzo Ducale alle ore 19, a cura di Emanuele Moretti e Cesare Biasini Selvaggi con opere di Concetta Baldassarre e Annu Palakunnathu Matthew. A seguire, il Balletto dell’Opera di Varna presenterà un’altra gemma del repertorio ballettistico, sempre nel chiostro di San Francesco alle ore 21,15, Cinderella di Sergej Prokofiev, su coreografie di Svetlana Tonshev una grande ricchezza di spunti lirici e amorosi, cui si accompagnano una garbata ironia, colorata talvolta di inflessioni genuinamente umoristiche, un’orchestrazione brillante, godibilità melodica e una grande vivacità ritmica. “Zolushka è un balletto di Sergej Prokofiev articolato in tre atti su libretto di Nicolai Volkov op. 87 composto tra il 1941 e il 1944. Può sembrare strano che durante gli anni terribili della Seconda Guerra Mondiale Prokofiev si dedicasse a un lavoro di evasione risalendo, assai più di quanto non avesse appena fatto nel “Romeo e Giulietta”, alla più pura tradizione caicovskiana del balletto spettacolare e favolistico. Non è strano invece se si considera che secondo un atteggiamento da lui tipicissimo la composizione del balletto non solo si intrecciò con altri lavori di forte impegno patriottico e civile (basta ricordare, accanto a pezzi d’occasione che riflettevano gli avvenimenti dell’epoca, il grande affresco dell’opera “Guerra e pace”) ma rappresentano anche la sua risposta indiretta alle inquietudini del momento un appello alla capacità dell’arte di inverare l’utopia trasfigurando l’attualità in simboli fantastici.
Da questa angolazione l’apologo della celebre favola di Perrault, con la bontà in trionfo sugli ostacoli avversi al bene, è una metafora che Prokofiev non caricò di significati legati alla contemporaneità, ma intese certo quale testimonianza di principi eterni, intridendoli di speranza e di ottimismo. L’evasione è dunque solo apparente, il gesto ben più pregnante di quanto non sembri a prima vista. Il successo arriso al balletto fin dalla prima rappresentazione avvenuta al Bolscioi di Mosca in 21 novembre 1945, oltre al riconoscimento della genuina qualità di un’invenzione musicale fedele alle memorie russe, era un segno tangibile della gratitudine per aver celebrato in modo così leggero e delicato quei valori che, in modo tanto più cruento e realistico, avevano animato la lotta di liberazione contro l’invasore. Scrivendo del suo balletto, Prokofiev sottolineò “essenzialmente come la cornice per una rappresentazione di autentici esseri umani con le loro passioni e le loro debolezze, in modo tale che gli spettatori non possano non partecipare alle loro gioie e ai loro dolori”.Il tema centrale rimane l’amore di Cenerentola e del Principe o meglio la nascita e il fiorire di un sogno d’amore che si realizza superando ogni ostacolo; ma su questo canovaccio si sviluppano situazioni che non di rado interrompono l’azione per risolversi in forme pantomimiche e danzanti elaborate sinfonicamente: la lite delle sorelle cattive all’inizio, la poesia della natura personificata dalle quattro fate simbolizzanti le stagioni, le danze esotiche che accompagnano il viaggio in giro per il mondo del Principe alla ricerca della fanciulla amata.
Speciale cura è dedicata alla caratterizzazione dei personaggi, a cominciare da quelli di contorno: le apparizioni di Fata Madrina sono circondate da un’atmosfera di magia che si riverbera negli incantesimi da lei prodotti (e qui gli autori innestano sul tronco della fiaba varianti radicate nella tradizione favolistica russa, come i dodici fantastici nani che saltano fuori dalla pentola allo scoccare della mezzanotte o l’episodio delle tre melarance offerte dal Principe durante la festa); il padre di Cenerentola è tratteggiato umoristicamente da un tema timido e pavido, da uno grottescamente insinuante la perfida matrigna, mentre le sorellastre mostrano a chiare note il loro gretto egoismo.Il giovane Principe si presenta alla festa da ballo con un’elegante mazurca, per rivelarsi subito appassionato e ardente nel grande valzer con Cenerentola: a lui sono riservati i più nobili passi di danza. Scocca la mezzanotte. Cenerentola, richiamata alla realtà, fugge perdendo una scarpina.La protagonista è diversificata da tre temi principali: il primo la rappresenta oppressa e maltrattata, il secondo pura e pensosa, il terzo, ampiamente melodico, innamorata e felice, dopo che la scarpetta perduta sarà stata il suo segno di riconoscimento.